Dal New Hampshiredue candidati “veri”



Dal New Hampshire
due candidati “veri”


GIUSEPPE SACCO




Le primarie del 9 Febbraio 2016 potrebbero
essere decisive come furono in quel piccolo
Stato del New England quelle del 12 Marzo 1968

E forse altrettanto drammatiche
 

 

Il primo round delle primarie americane ha dunque avuto luogo. Ed il New Hampshire ha risposto in maniera assai netta all’appello dell’opinione pubblica, e alle aspettative di cui i media avevano caricato questo piccolo stato – appena tre milioni di abitanti !.

Superata la fase dei sondaggi, che pure è stata larga di emozioni, si è trattato del primo test veramente significativo, molto più di quello dello Iowa, perché espresso da un voto popolare, e non da un meccanismo arcaico come il caucus, sempre più dominato da attivisti di partito. E si è trattato di un test il cui risultato può essere considerato molto positivo, sotto il punto di vista nello svolgimento della prossima campagna presidenziale appena iniziata.

Positivo comunque lo si voglia valutare: da un punto di vista etico-politico, o anche semplicemente da un punto di vista sportivo o estetico; ma soprattutto ai fini della destino politico dell’America sotto il nuovo presidente che verrà eletto il prossimo novembre.

Le vittorie, nell’ambito dei rispettivi schieramenti, di Donald Trump e di Bernie Sanders lasciano uno di fronte all’altro due candidati “veri”, non due manichini costruiti da lobbisti, da “uomini di comunicazione” e da spin doctors; due candidati autentici, che rappresentano in maniera nettissima – forse anche eccessivamente enfatizzata – due alternative politiche coerenti con gli attuali problemi della società americana.

Se questo chiarimento non si fosse verificato, le conseguenze sarebbero state indubbiamente negative per lo svolgersi dell’intera campagna elettorale. E anche per gli strascichi che una campagna mal impostata e mal riuscita avrebbe potuto lasciare sulla situazione politica generale dopo l’elezione del nuovo Presidente.

Non si può ovviamente fare la storia con i “se”, ma già prima del voto di del 9Febbraio era evidente che una vittoria, poniamo, di Cruz o, ancora peggio, di Rubio, in campo repubblicano unita ad una vittoria di Hillary in campo democratico avrebbe determinato una campagna presidenziale che sarebbe stata in effetti principalmente uno scontro tra apparati di partito e tra potenti e ben finanziati PACs. Ma si sarebbe trattato di una battaglia a puri fini di potere, condotta con grande dispendio di promozione pubblicitaria, ma di fatto con una esclusione di ogni dibattito sulle grandi questioni politiche del momento, cioè delle questioni che oggi in America pongono le classi sociali l’una contro l’altra.

Inevitabilmente, in questo caso, la contrapposizione tra l’enorme massa dei perdenti di un trentennio di involuzione economica e sociale e l’un per mille che ne ha astronomicamente profittato si sarebbe trasferito nelle piazze. Con tutti i rischi, ovviamente, che ciò inevitabilmente implica, cioè con un permanente rischio di ricorso alla violenza. Il rischio che al metodo di decisione consistente nel “contare” le teste subentrasse, o perlomeno si aggiungesse, il metodo consistenze nel “rompere” le teste. Sarebbe, in altri termini, diventato probabile ciò che alcuni osservatori già da tempo consideravano, e cioè che la campagna presidenziale 2016 degenerasse nella violenza e nel sangue.

Naturalmente, in una situazione di così grave divaricazione sociale come quella attuale, che si innesta su una preesistente ma altrettanto violenta radicalizzazione delle differenze e delle intolleranze tra “culture”, neanche dopo il voto della New Hampshire, si può escludere che ciò accada. Ma la probabilità è stata fortemente ridotta.

Ma – ci si può chiedere – è davvero quello uscito dal voto del New Hampshire il quadro politico in cui verrà combattuta l’elezione del quarantacinquesimo Presidente degli Stati Uniti? Si tratterà dunque di un duello tra i due candidati anti-establishment, Trump e Bernie Sanders?

La risposta non può ancora essere affermativa. Il ritorno in primo piano di qualcuno dei “candidati alla candidatura” sconfitti il 9 febbraio è ancora possibile all’inizio di marzo, quando un importante gruppo di Stati voterà contemporaneamente in quello che viene definito il super Tuesday. Soprattutto in campo repubblicano, c’è chi affida al voto di questi Stati, principalmente del Sud, dove sono molto forti i gruppi evangelici conservatori, la speranza di un rilancio della candidatura di Ted Cruz, e di un capovolgimento della situazione.

A fare immaginare come ancora possibile l’apparizione sulla scena di altri candidati c’è poi un importantissimo precedente storico, quel dal voto del New Hampshire nelle drammatiche primarie del 1968. Fu, infatti, a quel punto, dopo che i risultati avevano dimostrato che il Presidente uscente, Lyndon Johnson, non era poi così forte come si credeva rispetto allo sfidante Eugene McCarthy, che le primarie del partito democratico, e tutto il quadro politico, vennero rivoluzionati dalla decisione di Robert Kennedy di porre la propria candidatura.

Ne seguì non solo una rovente battaglia tra i due sfidanti, diventata tanto più decisiva in quanto– appena due settimane dopo il voto del piccolo stato del nord-est – lo stesso Presidente uscente ritenne più opportuno ritirarsi dalla corsa. E quella rovente battaglia culminò nel mese di luglio con le primarie della California, in cui il secondo dei fratelli Kennedy sconfisse duramente McCarthy. E venne, nel giorno stesso della vittoria, barbaramente assassinato.

Anche se non c’è, nella politica americana di oggi, nessun uomo politico che possa in qualche modo essere comparato a Bob Kennedy, la discesa in campo di una personalità molto nota e molto popolare non può essere esclusa. Tanto più che nel clima di rivolta contro la classe politica e contro l’establishment che prevale oggi dall’altro lato dell’Atlantico, l’ipotesi di un passaggio alla politica di qualche personaggio della cosiddetta società civile non è in alcun modo da escludere.

Né è purtroppo da escludere anche qualcosa che assomigli alla seconda conseguenza delle tragiche primarie del 1968. Contro una personalità così anomala, così fortemente inquietante agli occhi di molti, senza connessioni, anzi autonoma, indipendente, e fortemente antagonista rispetto alla classe politica come Donald Trump, non è infatti da escludere che, in mezzo alla folla prudente, si levi anche una mano assassina.

 

 

Leave a Reply